Errare è Umano. Capita che la più avanzata ricerca non faccia altro che ripetere la saggezza dei nostri vecchi, i quali concludevano perciò che invece perseverare è diabolico.
Nell’intervista ‘Human error is inevitable’ di Daniel Zimmermann al Dr Mark Pinsky pubblicata su Dental Tribune si fa il punto sul controllo di gestione e gli errori con particolare riguardo all’implantologia. Alcune osservazioni sembrano assolutamente rilevanti, a nostro parere:
- anzitutto, appunto, sbagliare è inevitabile. Tutti sbagliano, i migliori sbagliano di meno. Questo significa che per essere migliori si deve avere la coscienza di sbagliare, i migliori non pretendono di fare un lavoro di “qualità”, non si riempiono la bocca con il fatto che lavorano bene, ma misurano i propri sbagli.
- dobbiamo essere coscienti dei meccanismi che ci portano a sbagliare; date una scorsa a questa simpatica (per fortuna a lieto fine) storia: Why we make bad decisions di Noreena Hertz. Ci sono fattori che ci inducono in errore, c’è addirittura una alleanza tra paziente e medico che congiura per l’errore, ed è la volontà di non vedere ciò che mette a rischio l’integrità della persona. Nel nostro settore è possibile che medico e paziente si trovino d’accordo nell’essere troppo ottimisti riguardo alle probabilità di successo di un intervento, ad esempio. Essere coscienti di questi fattori favorenti l’errore è già un buon antidoto.
- non sono le procedure o le informazioni in sè che evitano gli errori. Le informazioni non dicono nulla se non c’è un occhio attento per saperle interpretare. La CBCT di routine prima degli impianti di per sè è solo una informazione in più. Il principio ALARA (As Low As Reasonably Achievable) stabilisce che l’esecuzione della CBCT è indicata quando le informazioni che essa fornisce compensano il rischio radiologico connesso alla sua esecuzione.
- il fattore però che incide maggiormente nel rischio operatorio è come si sente l’operatore. Il che fa venire in mente la battuta con cui molti pazienti si preparano all’intervento: come si sente dottore? sembra una battuta ma ha un fondo di verità dimostrata. Se l’operatore ha fretta, è stanco o preoccupato per l’intervento successivo, o qualsiasi altra cosa vi venga in mente.
- ma alla fine, se l’errore umano è inevitabile, il risultato finale di qualunque attività umana dipende da un altro fattore che viene raramente ricordato al pubblico non esperto, ed è la complessità dell’organizzazione. Il crescere del numero delle persone coinvolte in un processo aumenta il numero e la gravità degli errori in progressione non aritmetica ma esponenziale: 1:1, 2:4, 3:9, 4:16 e così via. Perciò la migliore prevenzione degli errori dal punto di vista organizzativo è ASARA (As Simple As Reasonably Achievable): quanto più ridotto è il numero delle persone che si occupano di una procedura e che ne sono responsabili, tanto minore sarà il numero di errori. Principio fondamentale anche per capire perchè la qualità dello studio mono-professionale è e sarà sempre superiore a quella di qualunque struttura complessa, low o high cost che sia.
Conosco un Avvocato che si occupa dei contenziosi di due “cliniche” (sempre con la “c” minuscola) della zona e a quanto pare il lavoro non gli manca. Per ovvi motivi di riservatezza non posso fare nomi ma vi assicuro che è così.