Telenovela ECM

brucoliIl dentista medio in media è laureato (!) e abilitato. Cioè ha studiato materie odontoiatriche “almeno” cinque anni. Poi lavora, talvolta, in uno studio di proprietà o presso altri. In un contesto di alta concorrenza e comunque in rapporto con pazienti che si fidano di lui per i quali egli si ritiene in obbligo etico di aggiornarsi con un qualcerto scrupolo.

In un contesto di crisi economica, con una previsione di crescita per il 2015 prossima allo zero, è comprensibile che non si sopiscano gli interessi di molti a mungere i 27,000 e passa iscritti all’Albo Odontoiatri in Italia. Questa è la spiegazione più logica dell’interminabile telenovela che viene trasmessa in sottofondo. In sottofondo, per chi vuole leggere la stampa specializzata, perchè è un argomento che all’odontoiatra medio provoca crisi allergiche, insofferenza e scarso interesse.

Non ha senso tornare su tutte le ragioni di questa allergia, nè inseguire le grandi o piccole, ma spesso incomprensibili novità della normativa al riguardo.

L’unico vero punto rilevante è il nuovo condice deontologico, approvato nel 2014, che all’articolo 19 recita:

Il medico, nel corso di tutta la vita professionale, persegue l’aggiornamento costante e la formazione continua per lo sviluppo delle conoscenze e delle competenze professionali tecniche e non tecniche, favorendone la diffusione ai discenti e ai collaboratori.
Il medico assolve agli obblighi formativi.
L’Ordine certifica agli iscritti ai propri Albi i crediti acquisiti nei processi formativi e ne valuta le eventuali inadempienze.

Dunque, il punto nevralgico del sistema ECM è qui: senza questo articolo nessuno potrebbe dire che l’ECM è obbligatoria. Perciò è bene leggerlo bene per sapere se e fino a che punto è davvero obbligatorio acquisire 150 punti in tre anni di cui … eccetera eccetera.

L’unico paragrafo rilevante è l’ultimo. Anzitutto l’Ordine certifica i crediti acquisiti. Si, ma ai propri iscritti! Cioè: qualunque notizia che uscisse dall’Ordine riguardo ai crediti che qualunque iscritto abbia acquisito, che non passi attraverso l’iscritto stesso (cioè, io chiedo all’Ordine quanti crediti ho acquisito, e lo comunico a qualcun altro) è illecita. Si può discutere la gravità dell’illecito, ma non c’è alcun dubbio che qualunque danno io ritenga di aver avuto da questa “fuga” di notizie, ne riterrò responsabile l’Ordine.

Ora: a chi potrebbe farmi comodo comunicare quanti crediti ho acquisito? In quanto libero professionista gli unici possibili destinatari che mi vengono in mente potrebbero essere un eventuale datore di lavoro o una assicurazione. Ma, a parte la lontana ipotesi che il datore di lavoro sia un soggetto pubblico, negli altri casi si tratta di soggetti privati che hanno a cuore i propri interessi e sanno bene che tra i crediti ECM e la mia abilità professionale la relazione è piuttosto vaga. Accettiamo scommesse: datori di lavoro e assicurazioni chiederanno curricula e notizie sull’attività pregressa piuttosto che crediti ECM.

Perciò, molto probabilmente, suppongo che la possibilità di certificare i crediti acquisiti resterà per gli Ordini una pura potenzialità.

Poi però sta scritto che valuta le eventuali inadempienze.

Formulazione vaga.

Tanto vaga.

Che vuol dire che valuta? Va bene, il tale non ha acquisito i crediti. Embe? Gli facciamo un richiamo? Una censura? Poi, non ha acquisito i crediti ma è un noto ricercatore che ha stravolto la professione. Che facciamo? Oppure ha il doppio dei crediti richiesti anno per anno ma dobbiamo rispondere ad una lamentela di un paziente che documenta una assoluta ignoranza della scienza e dell’arte. Come la mettiamo?

Io credo che questa formulazione dell’obbligo formativo sarà una brutta gatta da pelare per gli Ordini, i quali hanno la funzione di vigilare sulla deontologia, cioè sull’etica professionale, la quale, come tutti sanno, non va a punti.

In definitiva però la situazione resta tale e quale: l’obbligo ECM al mometo è un obbligo teorico e sarà da vedere cosa succederà se e quando qualche Ordine procederà nei confronti di qualche iscritto. È scontato che con ciò si aprirà un fronte di contenzioso tra iscritti e Ordini, il cui esito molto probabilmente (considerando le linee di tendenza della giurisprudenza) annullerà le pretese di controllo degli Ordini.

Ma il punto non è tanto come finirà, ma queste ulteriori tensioni.

Perchè gli Ordini dovrebbero essere gli eredi delle antiche corporazioni abolite da Napoleone in ossequio alle sorti magnifiche e progressive. La documentazione sulla vita delle corporazioni ci riporta però una realtà che molti di noi rimpiangono: basti dire che a Venezia le corporazioni dei medici fisici e chirurghi pagavano gli studi e l’iscrizione alla corporazione ai giovani indigenti! Cioè le corporazioni erano un ambito di solidarietà e peer review (aggiornamento professionale mediante la revisione tra pari della propria attività professionale) non quella strana cosa che un bravo e preparato collega così descrive in una discussione recente:

Ci sono organi pubblici di garanzia che sostengono come l’ordine non rappresenti una opportunità per i dentisti, quanto piuttosto un limite se non proprio una minaccia. E’ stato l’antitrust ad esprimersi in questo senso, in più di una circostanza.
Il che non significa assolutamente che le persone che lavorano per noi nell’ordine non siano persone in gamba… Significa solo che l’ordine è uno strumento vecchio, inutile e dannoso per i più ossequiosi delle regole.
Non dico da riformare, bensì da rimuovere …

Il controllo delle prestazioni sanitarie appartiene a Confindustria non alla Fnomceo.
La rappresentanza sindacale della categoria non è più dell’Andi o dell’Aio ma di Unipol o Progesa.
Le pubblicazioni scientifiche e l’ECM non dipendono più dalle società scientifiche, ma da 3M o da Sirona.
Il mondo in cui lavoriamo è tutto nuovo. Più che protestare bisogna cambiare.

Gabriele Vassura

https://groups.google.com/forum/#!forum/dental-forum

Ed è triste che che l’Ordine possa rappresentare un rischio e un danno anzitutto per i colleghi “più ossequiosi alle regole”.

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