Una ricerca di mercato di Key-Stone avrebbe rivelato che l’86% dei dentisti è pessimista riguardo il proprio futuro.
Noi siamo subissati da queste ricerche di Key-Stones, le quali hanno sempre i soliti difetti:
Non pubblicano mai (MAI) i criteri delle loro ricerche e suggeriscono valutazioni sull’evoluzione del mercato odontoiatrico spesso sbilanciate verso le grandi strutture. Se noi facciamo una pubblicazione sulla sopravvivenza degli impianti post-estrattivi o anche sull’adesione smalto dentinale, dobbiamo esplicitare come abbiamo fatto la ricerca, altrimenti nessuna rivista ci prende in considerazione. Key_Stone invece può pubblicare anche se non sappiamo come ha intervistato i 600 dentisti di cui riferisce le opinioni, in che area, come ha raccolto i nominativi, eccetera eccetera.
Poi arrivano le conclusioni per lo meno dubbie, non perchè non possano essere suffragate dai dati raccolti, ma perchè non sapendo come i dati sono stati raccolti, qualche dubbio ci viene per forza.
La chicca della ricerca sembra essere questa:
I più pessimisti sono gli studi più piccoli, con meno accessi settimanali e condotti da dentisti meno giovani. Invece l’età non impatta sull’incidenza degli “ottimisti”.
Ora, cerchiamo di capirci:
- se l’età non impatta sull’ottimismo, come fa ad impattare sul non-ottimismo (=pessimismo)? Misteri della statistica.
- non c’è dubbio che i dentisti giovani hanno un trend più positivo dei dentisti anziani, essenò che dovrebbe succedere, che un dentista ha lo studio pieno, con code fuori dalla porta, fino al giorno prima di lasciare questa valle di lacrime? Ovvio che gli anziani perdono pazienti pian piano, e altrettanto ovvio che siano i giovani ad acquisirli.
- altrettanto scontato che i dentisti anziani siano in maggioranza titolari di studi piccoli, perchè in Italia più dell’80% degli studi è monoprofessionale, e con meno accessi, perchè appunto con l’età si tende a diminuire l’impegno lavorativo. Altrettanto ovvio che spesso la depressione e il pessimismo siano proporzionali all’età (non sempre, ma a volte, và). Osservando che gli studi piccoli tendono di più al pessimismo probabilmente non si rileva, come invece lo studio sembra voler far credere, che gli studi multiprofessionali hanno un vantaggio competitivo, ma solo una variazione nella salute psicologica dei titolari.
Noi, orgogliosi titolari di studi mono o pauci-professionali, crediamo le cose siano un po’ diverse. E se si dovesse discuterne a viso aperto, non ci tireremmo indietro. Perchè è chiaro che la crisi c’è, come anche è chiaro che spesso le soluzioni proposte per uscire dalla crisi non funzionano affatto.
Perchè forse il problema non è solo la gestione della crisi, ma spesso anche la crisi della gestione.
sono come moddy’s, standar&poor’s, brutta gente che dice solo quello che vogliono i loro committenti.
… a quasi 50 Anni con 21 anni di attività mi devo considerare un giovane dentista o un “non più giovane”.
Visto tutte le cose che ci sono da imparare e da fare direi: ” Giovane”.
Un conto è l’ottimismo o meno come aspetto caratteriale e un conto è una serena analisi della situazione; Per fare una decede odontoiatria a costi sostenibili serve molto impegno e lavoro (non è un fatto di piccoli o grandi studi) e questo può spaventare chi era abituato a guadagni facili.
Voi siete spaventati? io no.
Preoccupato per le famiglie che non hanno lavoro (i miei pazienti son quasi tutti dipendenti a medio – basso reddito)? SI !
emapig
Emanuele, condivido in toto: la preoccupazione maggiore oggi è per l’andamento generale della nostra società, il che concretamente vuol dire, purtroppo, tanta gente che non arriva a fine mese.
E guarda un po’, i più sensibili a questa situazione siamo noi, dentisti libero-professionisti, non i dipendenti nè i convenzionati. Sarà un caso?